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Raccontare la pubblica amministrazione

Mi appare sempre più chiaro, partecipando ai tanti seminari sulla pubblica amministrazione che ci sono in giro, che se si vuole essere comunicativi ed efficaci, l’approccio migliore è “raccontare” la pubblica amministrazione. Raccontare, trasmettere anche attraverso la propria esperienza diretta, è
il modo migliore per comunicare cosa si fa, perché si fa e chi lo fa. Semplicemente.

Non bastano gli atti sulla trasparenza, i comunicati stampa o i siti web, che ovviamente sono necessari, ma non sufficienti. Per stabilire un rapporto diretto con i dipendenti della Pa, innanzitutto, e poi con i cittadini, è fondamentale raccontare.

Un’attività legislativa o contrattuale per far presa e dare il senso a quello che si è scritto, ha bisogno di qualcuno che sappia tradurla in qualcosa di coinvolgente.

Nelle strategie di marketing e di comunicazione, saper raccontare storie è uno degli strumenti essenziali. L’obiettivo è costruire narrazioni che suscitino emozioni. Ma soprattutto, se l’obiettivo è riformare, rinnovare, allora è necessario raccontare quello che si sta facendo per provare a immaginare il futuro. Bisogna saper trasmettere che per innovare è indispensabile avere una visione sul futuro: non solo pensare a quello che è, ma a quello che potrebbe essere.

In una cultura burocratica diffusa del “precedente”, come quella che abbiamo nelle nostre amministrazioni, diventa fondamentale narrare il futuro.

“Creatività significa semplicemente collegare cose. Quando chiedi a persone come hanno fatto qualcosa, si sentono quasi in colpa perchè non l’hanno fatto realmente, hanno solo visto qualcosa e, dopo un pò, tutto gli è sembrato più chiaro. Questo perchè sono stati capaci di collegare le esperienze vissute e sintetizzarle in nuove cose” (Steve Jobs)

Ecco perché, nell’ambito della mia attività, cerco di raccontare “i retroscena”, i motivi e i percorsi che hanno portato, per esempio, a quel contratto collettivo nazionale di lavoro, insieme a come ci siamo arrivati con le organizzazioni sindacali, ma anche perché abbiamo scritto alcuni articoli in un certo modo. Cerco di far capire che quello che viene realizzato non è un mero adempimento, un tecnicismo burocratico, ma un percorso che deve poi essere utilizzato a seconda delle scelte più indicate per gestire le persone all’interno delle organizzazioni.

Il professore Guido Melis, mio amico, ma soprattutto il più grande storico della pubblica amministrazione del nostro Paese, racconta il passato, non tanto con gli occhi del giurista, ma con quelli, appunto, dello studioso di storia. Dalle sue pagine ho capito come gli errori sulla Pa si ripetano costantemente e ciclicamente dall’Unita d’Italia. Ecco perché, accanto alla conoscenza della storia, con lo sguardo al passato, ci vuole un po’ di fantasia futura. Servirebbe un Isaac Asimov (uno dei padri del genere fantascientifico) della Pa, un visionario in grado di farci immaginare le nostre amministrazioni tra 20, 30, 50 anni.

Il mio discorso vuole insomma far capire alle classi dirigenti (politiche e non) che è indispensabile avere una visione in prospettiva delle organizzazioni che governano, altrimenti continueremo a parlare di trasformazioni (digitali, ecologiche, burocratiche…) destinate a restare sulla carta perché si
agisce per cambiare concretamente le organizzazioni, innanzitutto immaginandole.

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