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Un anno di antonionaddeo.blog: quando la PA si racconta

Bilancio del 2025: un anno di trasformazioni silenziose

Dicembre 2025. È tempo di bilanci per antonionaddeo.blog, e guardando indietro a questo anno intenso – oltre 60 articoli pubblicati – emerge un filo conduttore potente. Il 2025 non è stato solo un altro anno di cronache dalla pubblica amministrazione. È stato l’anno in cui abbiamo iniziato a vedere i frutti di una trasformazione profonda: la PA che scopre di poter essere altro da sé, di poter diventare costruttrice di ponti.

Il filo rosso: connettere mondi che non si parlano

Se dovessi trovare un’immagine che attraversa tutti gli articoli di quest’anno, sceglierei quella del ponte. Ponti tra generazioni, quando ho scritto di age management e della sfida demografica che vedrà il 30% dei dipendenti pubblici andare in pensione entro il 2030. Ponti tra tecnologia e umanità, quando ho esplorato l’intelligenza artificiale non come minaccia ma come “alleato” che può liberare tempo per ciò che conta davvero. Ponti tra rigidità normativa e innovazione, quando ho raccontato di quelle “devianze positive” che permettono di trovare soluzioni creative dentro le maglie della burocrazia.

Ma il ponte più importante che ho cercato di costruire è quello tra la PA reale e quella possibile.

La rivoluzione silenziosa delle persone

C’è un passaggio, in uno dei miei articoli di marzo, che racchiude l’essenza di questo percorso: “Da ‘timbrare il cartellino’ a ‘creare valore’: un cambio di paradigma”. Non è solo una frase ad effetto. È la sintesi di una rivoluzione culturale che sto documentando e, in qualche modo, cercando di realizzare.

Ho raccontato di Maria, 58 anni, “l’unica giovane nel suo ministero”. Ho dato voce ai giovani della Gen Z che, contrariamente agli stereotipi, cercano l’ufficio non per pigrizia ma per imparare e fare rete. Ho mostrato come i CCNL non siano solo tabelle retributive ma strumenti per ripensare il lavoro, dal mentoring intergenerazionale alla flessibilità organizzativa.

L’intelligenza artificiale: da spauracchio a specchio

Forse nessun tema ho affrontato con più passione dell’AI. Mentre molti gridavano all’apocalisse occupazionale, ho posto domande diverse: come può l’AI liberarci dal lavoro ripetitivo? Come possiamo evitare che riproduca i nostri bias? E soprattutto: cosa resta di specificamente umano quando le macchine possono fare quasi tutto?

La risposta l’ho trovata proprio nella PA, paradossalmente: resta il giudizio, l’empatia, la capacità di mediare tra norme e bisogni reali delle persone. Resta, in una parola, l’umanità. E ho avuto il coraggio di scriverlo: “L’ignoranza come prerequisito per comprendere l’intelligenza artificiale” – un invito socratico a riconoscere i nostri limiti per poterli superare.

Il valore pubblico: quando il fine giustifica i mezzi (nel senso buono)

Se c’è stata una stella polare in questo anno di navigazione, è stata il “valore pubblico”. Non un concetto astratto da slide PowerPoint, ma la domanda concreta che dovrebbe guidare ogni azione: stiamo davvero migliorando la vita dei cittadini?

Ho smontato il “mito della performance” quando diventa solo numerologia fine a se stessa. Ho criticato la “teoria degli alibi” che paralizza l’azione. Ma soprattutto ho cercato di mostrare alternative concrete: dal DOGE di Musk ho tratto spunti per una riforma che coniughi efficienza e valori democratici, dalle esperienze internazionali ho importato lezioni sulla leadership infermieristica, dalla filosofia dello sport di Julio Velasco ho estratto principi di gestione dei team.

Le persone al centro (sul serio)

“Mettere le persone al centro” è diventato uno slogan talmente abusato da aver perso significato. Ma ho cercato di ridargli sostanza, articolo dopo articolo. Ho parlato di benessere organizzativo non come benefit aziendale ma come precondizione per servire meglio i cittadini. Ho discusso di leadership non come potere ma come capacità di far crescere gli altri. Ho affrontato lo smart working non come privilegio ma come opportunità di ripensare il lavoro intorno ai risultati, non alla presenza.

E quando ho scritto della necessità di un vero “Capo del Personale” nelle PA, non stavo proponendo l’ennesima figura apicale, ma qualcuno che sappia vedere oltre le pratiche e i cedolini, che comprenda che gestire persone nella PA significa gestire il futuro del Paese.

Un blog che è diventato comunità

Ma forse il risultato più importante del 2025 non è nei singoli articoli, per quanto mi auguro siano stati utili e stimolanti. È nell’aver consolidato uno spazio di dialogo dove la PA può guardarsi allo specchio senza vergogna ma anche senza compiacimento. Dove si può parlare di inefficienze senza disfattismo, di innovazione senza retorica, di futuro senza dimenticare la storia.

Il format “PAzzesco ma vero” con le interviste ai professori universitari ha portato rigore accademico nel dibattito. Le analisi dei CCNL hanno reso accessibili documenti complessi. Le riflessioni su Reddit e i social hanno dato voce a chi nella PA ci lavora davvero. E persino il racconto distopico sull’Oracolo mi ha permesso di esplorare scenari futuri con la leggerezza della narrativa.

Il 2026: dal dire al fare

L’ultimo articolo pubblicato prima di questo bilancio si intitola “Dal dire al fare: perché la PA deve imparare a mobilitare, non solo a pianificare”. È quasi un manifesto per il 2025. Dopo aver costruito una visione, mappato i problemi, proposto soluzioni, ora viene la parte difficile: la mobilitazione.

Ma se c’è una cosa che il 2025 mi ha insegnato è che la PA non è quel pachiderma immobile che molti dipingono. È un organismo complesso, certo, ma capace di evolvere. E soprattutto è fatta di persone – tre milioni di persone – che ogni giorno provano a fare la differenza.

Un anno di semi

Chiudo con un’immagine che ho usato in uno dei miei articoli: quella dei mattoncini. Ho scritto che la motivazione nella PA non è una fiammella da tenere accesa, ma mattoncini da posare uno sull’altro, costruendo qualcosa di solido e duraturo.

Nel 2025, questo blog ha cercato di posare molti mattoncini. Ha seminato idee che spero germoglieranno. Ha costruito ponti che altri attraverseranno. Ha tentato di dimostrare che si può parlare di pubblica amministrazione con passione e competenza, con critica e proposta, con rigore e accessibilità.

E soprattutto ha cercato di ricordare a tutti noi una verità semplice ma rivoluzionaria: che dietro ogni pratica, ogni timbro, ogni procedura, ci sono persone. E che quando queste persone trovano senso in quello che fanno, quando vengono valorizzate e ascoltate, quando possono innovare e crescere, allora la PA smette di essere “pubblica amministrazione” e diventa davvero cosa pubblica, res publica, patrimonio di tutti.

Il 2025 si chiude con questa consapevolezza. Il 2026 si preannuncia ancora più interessante. Perché ora che i ponti sono costruiti, è tempo di attraversarli.

E io continuerò a raccontare il viaggio, passo dopo passo, con la stessa convinzione del primo giorno: che la PA può essere il luogo dove si costruisce il futuro del Paese.

Burocrati non si nasce, si diventa. Ma si può anche diventare altro. Si può diventare innovatori, costruttori, tessitori di relazioni. Si può diventare il cambiamento che vogliamo vedere.

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