
Il 19 gennaio è stato inaugurato l’ottavo corso concorso della SNA per il reclutamento di dirigenti e quasi contemporaneamente il ministro Zangrillo ha firmato l’atto di indirizzo all’Aran per il rinnovo del contratto di lavoro 2019-2021 per i dirigenti delle funzioni centrali. Siamo, quindi, di fronte ad un momento decisivo per le riforme in atto e per il futuro delle pubbliche amministrazione e dei suoi dirigenti.
Ma cosa può fare il contratto? Potrà essere un contratto innovativo come quelli sottoscritti per il personale non dirigente?
Un CCNL per i dirigenti è un contratto particolare, si rivolge di fatto a coloro che svolgono il ruolo di datore di lavoro (in parte) all’interno delle amministrazioni e quindi deve andare oltre al ruolo di mero regolatore del rapporto di lavoro.
Più volte ho affermato che i CCNL nel pubblico impiego svolgono anche un ruolo di strumento (di leva) per la gestione del personale. Strumento in quanto alcuni istituti devono (possono) essere utilizzati dai dirigenti come azioni per la gestione delle risorse umane (progressioni economiche orizzontali, premialità, incentivi ecc.)
Per questo motivo l’atto di indirizzo si concentra molto sui temi della valutazione e le sue conseguenze sulla retribuzione.
Valutazione e risultato
Il tema della valutazione è stato sempre al centro di tutte le riforme del pubblico impiego, ma spesso gli effetti non sono stati quelli sperati. Le responsabilità sono da dividere tra i diversi attori: politici, dirigenza e anche sindacati. Non voglio però andare ad analizzarne i motivi, ci sono tantissimi esperti che discutono di questo. Posso solo sintetizzare un mio modesto pensiero: molti non hanno voglia di valutare e tanti non hanno voglia di essere valutati.
Tornando al contratto, il mandato del Ministro Zangrillo con l’atto di indirizzo è chiaro: la valutazione del personale dirigente costituisce un elemento strategico fondamentale per attestare il conseguimento degli obiettivi assegnati e la coerenza dei comportamenti organizzativi posti in essere.
Il conseguimento dei risultati da parte del dirigente e la loro valorizzazione diviene direttamente funzionale al processo di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza della pubblica amministrazione e può determinare l’attivazione di un percorso virtuoso, all’esterno e all’interno dell’amministrazione. Soprattutto all’interno dell’organizzazione può innescare quel sistema di valutazione a cascata che coinvolge tutto il personale.
E’ bene chiarire però che il contratto di lavoro non può intervenire sui sistemi di valutazione (art. 5, comma 2, del d.lgs n. 165 del 2001 e artt. 7 e seguenti del d.lgs n. 150 del 2009), ma può implementare il collegamento esistente tra valutazione della prestazione/conseguimento dei risultati e corresponsione della retribuzione di risultato. Ciò consentirebbe anche di costituire elementi oggettivi per il conferimento degli incarichi.
Il ruolo del contratto è anche quello di definire le quantità retributive da destinare alla premialità (retribuzione di risultato). Su questo punto l’atto di indirizzo indica che una significativa quantità di risorse del trattamento accessorio debba essere destinata alla predetta finalità.
Tre punti sono fondamentali per la trattativa che sta per avviarsi:
a) Confermare le vigenti norme in tema di individuazione delle quote di eccellenza già previste dai contratti collettivi (differenziazione della retribuzione di risultato);
b) garantire una significativa differenziazione della retribuzione di risultato in relazione agli esiti della valutazione della perfomance;
c) graduare la retribuzione accessoria, in relazione non solo al conseguimento dei risultati, ma tenendo conto anche della natura sfidante degli obiettivi.
Detto questo, occorre essere chiari su un punto: il contratto può prevedere tutto ciò, ma valutare sarà poi un compito, prima dei vertici politici delle amministrazioni, poi dei vertici amministrativi e a seguire di tutti i dirigenti.
Formazione
Come per il CCNL di comparto, particolare attenzione il contratto dovrà prestare alla formazione.
La formazione del personale dirigenziale deve assumere un aspetto di centralità quale diritto del dipendente da conciliare con le esigenze organizzative dell’amministrazione. Anche per questa categoria di personale la formazione deve essere considerata come un investimento e non come un costo.
Compito del contratto sarà quello di individuare gli opportuni strumenti a sostegno della formazione, ribadendo che le attività di formazione qualificanti e coerenti con le funzioni svolte devono essere considerate ad ogni effetto come attività lavorative, prevedendo, inoltre, forme di verifica dell’utile apprendimento dei contenuti degli interventi di formazione erogati anche in termini di ricadute pratiche per l’amministrazione di appartenenza.
Qualità e caratteristiche di un dirigente pubblico
Dalla selezione del corso concorso, innovato rispetto al passato, mi auguro che siano reclutati dirigenti che abbiano, oltre le competenze di giuridiche ed economiche, soprattutto le seguenti qualità.
Che siano capaci di assumersi la responsabilità di prendere decisioni (senza la scusa della paura della firma), con il giusto equilibrio tra tempi e accuratezza. Non decidere e lasciare ad altri le decisioni, significa l’incapacità di dirigere un’organizzazione.
Avere una visione strategica, fondamentale per capire l’evoluzione di una organizzazione e orientare l’azione verso gli obiettivi che ci si è dati. “Guardare avanti senza guardarsi i piedi” per dirla in breve.
Due qualità accompagnate da pragmatismo e flessibilità, per avere il dirigente ideale capace di guidare la difficile macchina pubblica.
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