Una riflessione tra dubbi e possibilità

Quante volte vi siete chiesti se la leadership sia un dono naturale o una competenza che si può coltivare? Io me lo domando spesso, soprattutto osservando persone che sembrano “nate per guidare”. Hanno un’innata sicurezza, sanno prendere decisioni rapide e ispirano gli altri senza sforzo. Ma è davvero solo una questione di talento?

La realtà è più complessa, e per fortuna, a mio avviso, anche più incoraggiante.

Raffaella Saporito, nel suo libro Public Leadership, afferma che la leadership è il risultato di due ingredienti: personalità e apprendimento. Condivido questa visione e vi spiego perché.

Leadership: talento o allenamento?

Come sapete, sono un appassionato di calcio. Nel calcio ci sono giocatori che mostrano talento sin da bambini. Pensiamo a uno dei più grandi (per me il più grande): Diego Armando Maradona. Indubbiamente un talento naturale, ma anche lui ha avuto bisogno di allenarsi, di apprendere schemi e strategie. L’allenamento aiuta a costruire resistenza, disciplina e capacità di adattamento. La leadership funziona allo stesso modo: è un muscolo che si rafforza con l’esercizio.

I falsi miti da sfatare

La leadership è spesso avvolta da luoghi comuni che la fanno apparire come qualcosa di esclusivo e irraggiungibile. Ma la scienza e l’esperienza raccontano altro.

1. “I leader nascono, non si fanno”

Questo è forse il mito più diffuso, ma anche il più sbagliato. Studi neuroscientifici dimostrano che il cervello è plastico e che le abilità di leadership possono essere sviluppate nel tempo, attraverso esperienze e apprendimento continuo.

2. “Serve carisma innato”

Il carisma aiuta, ma non è l’unico ingrediente. Molti grandi leader non sono estroversi o carismatici nel senso classico del termine. Prendiamo ad esempio Satya Nadella, CEO di Microsoft: non è un trascinatore da palcoscenico, ma ha trasformato l’azienda puntando su empatia, ascolto e innovazione culturale.

3. “Solo chi ha ruoli di comando ha bisogno di allenarsi”

La leadership non è solo per i CEO. È utile in qualsiasi ruolo, che si tratti di un genitore che guida i figli, di un insegnante che ispira gli studenti o di un professionista che coordina un progetto.

Il “kit di sopravvivenza” per cominciare

Per chi vuole allenare la propria leadership, ecco tre strumenti semplici ma efficaci:

  • Specchio interiore: Dedica qualche minuto ogni giorno a riflettere su domande come “Quali valori voglio trasmettere?” o “Come reagisco sotto pressione?”. Un diario può aiutare a prendere consapevolezza delle proprie dinamiche.
  • Feedback a ciclo continuo: Chiedere agli altri un’opinione su come si viene percepiti è illuminante. A volte scopriamo aspetti di noi che ignoravamo, sia positivi che da migliorare.
  • Esperienze fuori dalla zona di comfort: Proporre un’idea in una riunione, gestire un piccolo progetto o fare, ad esempio, un corso di public speaking sono modi per mettersi alla prova e crescere.

La palestra quotidiana della leadership

Come qualsiasi abilità, la leadership si affina con la pratica. Ecco tre esercizi semplici da mettere in atto subito:

  1. L’arte delle domande
    Invece di dare subito una risposta, chiedi al tuo team: “Come affronteresti questo problema?”. Stimolerai autonomia e fiducia.
  2. Il diario delle emozioni
    Alla fine della giornata, rifletti su un momento in cui hai guidato o influenzato una situazione. Cosa ha funzionato? Cosa avresti potuto fare meglio?
  3. Micro-sperimentazioni
    Ogni settimana prova un nuovo comportamento: un giorno delega di più, un altro ascolta senza interrompere, un altro ancora dai un feedback costruttivo. Piccoli passi portano grandi cambiamenti.

Cosa dicono i numeri

  • Il 65% delle capacità di leadership è appreso, non innato (Harvard Business Review).
  • Le aziende che investono in formazione sulla leadership registrano un aumento del 37% della produttività (Deloitte).

E se sbaglio?

Un mio mentore mi diceva spesso: “Ogni errore è un gradino sulla scala della leadership: chi non sbaglia, non sale.” o anche “chi non fa, non sbaglia”.

Per concludere

Allenare la leadership non significa diventare perfetti, ma imparare a gestire l’imperfezione con sicurezza e consapevolezza. È un viaggio, non un traguardo. Come imparare a suonare uno strumento o a cucinare un piatto elaborato: si parte da zero, si provano nuove tecniche, si sbaglia, si migliora.

La vera domanda quindi non è “Si può allenare?”, ma “Da dove comincio oggi?”.

A volte basta un piccolo passo: osservarsi con ironia e gentilezza.

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