Alzi la mano chi non ha mai sentito un amico dire: “Lavoro pubblico? No grazie, troppa burocrazia, noioso”. Eppure, dietro questa percezione comune si nasconde un paradosso: mentre i giovani cercano lavori con senso e impatto sociale, la Pubblica Amministrazione – che per definizione serve il bene comune – fatica ad attirarli.

Il problema non è nel “cosa” facciamo, ma nel “come” lo raccontiamo e organizziamo.

Oltre i luoghi comuni: la PA come palestra di innovazione

La verità è che lavorare nella PA oggi significa affrontare sfide epocali: digitalizzazione, sostenibilità, inclusione sociale. Significa progettare i servizi che miglioreranno la vita di milioni di persone. Non è forse questo il tipo di impatto che cerca un neolaureato?

Il punto è che raramente lo comunichiamo così. Continuiamo a parlare di “stabilità del posto fisso” quando dovremmo raccontare, ad esempio, di Sara, 28 anni, che ha digitalizzato l’anagrafe del suo comune riducendo i tempi di attesa da ore a minuti. O di Marco, ingegnere ambientale, che coordina progetti di riqualificazione urbana che trasformano quartieri interi.

Il cambio di passo: dalla teoria alla pratica

Ripensare l’employer branding della PA significa agire su più fronti simultaneamente. I concorsi pubblici, per esempio: perché un processo dovrebbe durare due anni quando il settore privato assume in due mesi? I giovani non aspettano, si orientano altrove. Su questo fronte comunque si stanno facendo molti progressi.

Serve trasparenza nei tempi, feedback sui risultati, procedure che valorizzino davvero le competenze. E qui non parlo solo di titoli di studio – che restano importanti – ma di problem solving digitale, capacità di lavorare in team, creatività nell’affrontare problemi complessi.

La formazione è un altro terreno cruciale. I migliori talenti vogliono crescere, imparare, essere coinvolti, mettersi alla prova. Una PA che offre percorsi di sviluppo personalizzati, mentorship con dirigenti esperti, collaborazioni con università… questa è una PA che compete davvero per i talenti.

Flessibilità: non una concessione, ma una strategia

Smart working e flessibilità oraria non sono “gentili concessioni” ma strumenti strategici. Una PA moderna li integra naturalmente nei suoi processi, dimostrando fiducia verso i dipendenti e attenzione al work-life balance.

Pensiamo alla settimana corta: mentre in Europa diversi paesi la sperimentano con risultati promettenti, in Italia potrebbe essere proprio la PA a fare da apripista. Quattro giorni lavorativi anziché cinque, stessa produttività, maggiore benessere. Non è utopia, ma una possibilità concreta che attirerebbe moltissimi giovani professionisti.

E qui emerge una riflessione interessante: spesso la PA è più avanti del settore privato su questi temi, ma non lo sa comunicare. Quante aziende private possono vantare la stabilità, i diritti sindacali e spesso la flessibilità che offre il pubblico impiego?

Il “posto fisso” – spesso visto come un retaggio del passato – può diventare un valore aggiunto se raccontato nel modo giusto. Non parliamo di immobilismo, ma di sicurezza che permette di investire su progetti a lungo termine, di crescita professionale senza l’ansia del licenziamento, di possibilità di dedicarsi davvero al servizio pubblico senza la pressione del profitto a breve termine.

Il fattore umano: persone che attraggono persone

L’elemento più potente dell’employer branding sono le persone stesse. Quando un giovane dipendente pubblico racconta con passione il suo progetto, fa più di mille campagne di comunicazione. Per questo serve investire nel clima organizzativo, nella leadership partecipativa, nel riconoscimento del merito.

Non basta assumere giovani: bisogna farli sentire protagonisti del cambiamento, dare loro responsabilità, ascoltare le loro idee. A volte uno sguardo fresco su processi consolidati porta innovazioni impensabili.

Misurare per migliorare

Come ogni strategia seria, anche l’employer branding va misurato. Non con parametri astratti, ma con indicatori concreti: quanti giovani si candidano ai concorsi? Quanto tempo impiegano ad ambientarsi? Dopo tre anni, sono ancora motivati?

E soprattutto: che impatto ha il loro lavoro sui servizi ai cittadini? Perché è questo il vero successo dell’employer branding pubblico: attrarre talenti che migliorano concretamente la vita delle persone.

La PA del futuro si costruisce oggi, una persona alla volta. E inizia proprio da come raccontiamo chi siamo e cosa facciamo.


Se questi temi ti interessano, iscriviti al mio blog www.antonionaddeo.blog. Approfondisco regolarmente strategie di innovazione nella Pubblica Amministrazione e trasformazione digitale. In particolare, puoi leggere di più su employer branding nella PA e sulla gestione delle persone nelle amministrazioni pubbliche. Perché il cambiamento passa sempre dalle idee condivise.

Una risposta a “La PA che vorremmo: come conquistare i giovani talenti”

  1. Avatar Massimo Bachetti
    Massimo Bachetti

    Mostra testo citato
    Il problema e’ che c’è’ una inerzia delle cose che porta ad una conservazione di assetti preesistenti.Cosa fare per cambiare questa dinamica?Non basta il ricambio generazionale perché i giovani non hanno la forza di modificare prassi sclerotizzate.Si dia ai giovani l’ incarico di formulare proposte per ristrutturare le modalità di organizzazione .La ragazza di 28 anni e’ riuscita a ridurre i tempi di attesa .In un contesto ordinario sarebbe semplicemente entrata nel processo produttivo dando il rituale contributo con l’ attività di prassi nelle sequenza del procedimento.Questa e’ una forma di alienazione dal lavoro e non ne offre un orizzonte di senso. Serve un grande progetto di modifica del modello organizzativo dall’alto con incentivi economici per chi e’ in grado di realizzarlo e modalità di verifica sul raggiungimento degli obiettivi con parametri rigorosi coinvolgendo i giovani nella progettualità.I giovani non dovrebbero essere chiamati a gestire l’ esistente ma a preparare il futuro sfruttando le opportunità delle nuove tecnologie della intelligenza artificiale .Infine il progetto di riorganizzazione dovrebbe essere supportato da una grande campagna mediatica sulla portata rivoluzionaria del nuovo “modus operandi”.

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