Arriviamo con questo post alla terza parola chiave del contratto: la formazione. Essa è strettamente legata alle prime due, capitale umano e organizzazione, ed è sicuramente quella più difficile da sviluppare.

Unendo capitale umano e formazione possiamo senz’altro rifarci alla definizione di Thomas A Stewart: “Capitale Intellettuale”

“Il capitale intellettuale è tutto quel materiale intellettuale – sapere, informazione, proprietà intellettuale, esperienza – che può essere messo a frutto per creare ricchezza”

Quindi le amministrazioni pubbliche hanno a disposizione un capitale intellettuale che devono saper gestire, utilizzare, sviluppare e valutare.

Il più delle volte ci si ferma a quanto si spende per la formazione. Il capo del personale può sapere quanto spende l’ente per la formazione, ma non quanto apprendimento ne deriva. Generalmente, e contrariamente a quanto avviene in una azienda privata, il tema del personale viene affrontato esclusivamente come un costo per l’amministrazione (soprattutto nell’ottica del controllo della spesa) senza considerare mai il lavoro e i risultati che produce.

Questa considerazione vale anche per le molte riforme legislative fatte nel nostro paese con la famosa clausola “senza oneri a carico del bilancio dello Stato”. Ma se vuoi innovare, soprattutto in una organizzazione del lavoro, non puoi non prevedere investimenti: sulle persone, sulle tecnologie, ecc. Investire sulle persone vuol dire assumere, cercare nuove competenze, e soprattutto formare.

“.. alle riforme non si sono accompagnati adeguati investimenti in formazione, digitalizzazione, ricerca di personale qualificato. Per troppo tempo si è pensato che il problema della nostra Pa fossero esclusivamente i costi, trascurando di considerare la qualità del capitale umano” (Molte riforme per nulla – Serravalle, Stagnaro)

A mio avviso per fare un salto di qualità occorre agire anche sul metodo di controllo sulla spesa. Sono cambiate tantissime cose nella pubblica amministrazione, ma il controllo “contabile” sulla spesa delle amministrazioni è rimasto sempre uguale. Ci si concentra esclusivamente sul costo senza considerare mai il valore creato da quel costo.

Forse la più grande riforma sarebbe proprio quella di riformare i controlli.

Dopo questo excursus più generale sulla spesa, su cui tornerò in uno dei prossimi post, rientriamo nell’argomento formazione-contratto.

Le attività formative sono programmate nei piani di formazione del personale, sulla base dell’analisi dei fabbisogni formativi rilevati nell’organizzazione, anche in conseguenza di innovazioni tecnologiche, organizzative e normative.

I piani devono tenere conto, dei processi di mobilità e di reclutamento di nuovo personale, dei programmi di sviluppo della qualità dei servizi, nonché delle esigenze di accrescimento e sviluppo professionale, con particolare riferimento alla riqualificazione e alla progressione del personale.

Nei piani devono essere individuate le risorse finanziarie da destinare alla formazione, ivi comprese quelle attivabili attraverso canali di finanziamento esterni, comunitari, nazionali o regionali.

Il contratto prevede l’attivazione di percorsi formativi differenziati per target di riferimento, al fine di colmare lacune di competenze rispetto ad ambiti strategici comuni a tutti i dipendenti che siano inseriti nell’ambito di appositi sistemi di accreditamento e che garantiscano alta qualificazione, tra cui interventi formativi sui temi dell’etica pubblica.

Le Amministrazioni pianificano altresì programmi di upskilling e di reskilling per i dipendenti anche in relazione al monitoraggio della performance individuale, al fine di incoraggiare i processi di sviluppo e trasformazione della Pubblica Amministrazione.

La formazione è utile, nell’ambito della valutazione, sia nelle progressioni economiche orizzontali, sia in quelle verticali.

Per le progressioni orizzontali l’attività formativa svolta dal dipendente si somma agli altri due fattori individuati dal contratto: valutazione della performance individuale e esperienza professionale.

Le amministrazioni curano, per ciascun dipendente, la raccolta di informazioni sulla partecipazione alle iniziative formative concluse con accertamento finale delle competenze acquisite.

Al finanziamento delle attività di formazione si provvede utilizzando una quota annua non inferiore all’1% del monte salari relativo al personale destinatario del CCNL, nel rispetto dei vincoli previsti dalle vigenti disposizioni di legge in materia. Ulteriori risorse possono essere individuate considerando i risparmi derivanti dai piani di razionalizzazione e i canali di finanziamento esterni, comunitari, nazionali o regionali.

 La spesa in formazione nella Pubblica Amministrazione è passata dai 262 milioni di euro del 2008 ai 154 milioni del 2018, per un investimento pari a 48 euro per dipendente. Nel frattempo, l’età media dei dipendenti è cresciuta di oltre sei anni, passando da 44,3 anni del 2003 a 50,7 anni del 2018 (INAPP)

Come per le altre due parole chiave, la formazione è una leva importante nella gestione del capitale umano, che non deve essere un mero adempimento, ma utilizzata dalle amministrazioni per raggiungere gli obiettivi strategici prefissati. Ancora oggi le amministrazioni lasciano alla singola persona la responsabilità del proprio aggiornamento professionale, questo è quanto di più sbagliato si possa fare. I piani di formazione sono lo strumento per pianificare in modo adeguato gli interventi formativi e trasformare il capitale umano in capitale intellettuale.

Se a un colloquio di lavoro ti si presenta uno bello, ben vestito, abbronzato, sei subito ben disposto. Se viene uno su una sedia a rotelle, sei molto diffidente. La grande sfida è lavorare perché ci si concentri sulle persone e quello che hanno da offrire. (Alex Zanardi)

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